#27 ANE LEID IS NIVVER ENEUCH \ Anna Giuntini

“Un solo linguaggio non è mai abbastanza”: è questa la traduzione del titolo – un vecchio proverbio scozzese – scelto da Anna Giuntini per la propria personale a Manifiesto Blanco in occasione di Milano Photofestival 17th, la grande rassegna milanese di fotografia d’autore.

La comunicazione e i suoi meccanismi sono al centro di questa esposizione, e l’immagine fotografica elaborata manualmente e digitalmente diventa un vettore di linguaggi differenti ma inerenti allo stesso tema.

Nella prima parte di questa mostra – Displays and Powerlines – Anna intende proporre una riflessione sulla comunicazione e sulle sue possibili lacune che, anche in quest’epoca di perenne connessione, spesso caratterizzano i rapporti interpersonali, mediante messaggi che si perdono o arrivano storpiati. Questo tema è analizzato attraverso una sezione di 10 collage a base fotografica con immagini di tralicci, pali della luce e scheletri di maxi affissioni, nei quali si stratificano elementi “di recupero” legati allo scambio di parole: testi, indicazioni ed indirizzi di spedizioni. Un intrico di fili dorati – che intende da una parte rievocare la moltitudine di cavi e tralicci monchi, non più funzionanti, che infestano i luoghi antropizzati di tutto il mondo e dall’altra ricordare l’importanza e la ricchezza del messaggio – collegano le opere esposte su due pareti contrapposte.

La seconda sezione della mostra presenta una serie di immagini dolenti ed evocative il cui scopo è rappresentare visivamente quella sensazione generalmente conosciuta come “mal d’Africa”. Maldafrica consiste in una sorta di Carnet de Voyage che rievoca le esplorazioni dell’artista in Sudafrica partendo da 6 piccole opere preparatorie – fatte di appunti, ricordi, oggetti, suggestioni cromatiche e materiali cartacei – che costituiscono le prime elaborazioni da cui nascono poi 12 paesaggi nei quali i colori sbiadiscono e i contorni si impastano grazie alla sovrapposizione in digitale di carte, pitture e bordi incompleti.

Per arrivare a questa seconda parte della mostra occorre “attraversare” la sala passando in mezzo alla prima sezione, prestandosi così ad un esercizio di lettura attraverso la rivelazione dei 

processi che hanno portato alla loro realizzazione. Due trattamenti digitali diversi per due progetti indipendenti ma collegati da un’unica foto presente in entrambi, e presentati in un’unica esposizione che si conclude, o trova il proprio baricentro, nel libro d’artista in copia unica che racchiude le immagini di Displays and Powerlines in un unico leporello irregolare ricco di interventi manuali, collage e fili d’oro.